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Circolarità dei materiali compositi

By 13 Aprile 2022Aprile 15th, 2022No Comments
Circolarità Compositi

La circolarità dei materiali compositi è un tema attuale, argomento di discussione internazionale. Il settore dei materiali compositi deve oggi confrontarsi con sfide ambiziose che riguardano, tra l’altro, la trasformazione dei modelli di produzione e di consumo in coerenza con i principi dell’economia circolare.

In questo contesto assume particolare rilevanza il recupero e riutilizzo dei prodotti a fine vita in diversi settori e processi industriali: l’abbandono del concetto di rifiuto o scarto a favore del riutilizzo rappresenta il cardine per l’obiettivo di un uso efficiente delle risorse. Sulla base di queste premesse, le aziende del settore materiali compositi intendono illustrare le attività che propongono, a livello di sistema, per un approccio “circolare” nella gestione dei sottoprodotti o dei prodotti dismessi. Come vedremo meglio in seguito, infatti, la maggior parte dei componenti in materiale composito presentano caratteristiche già perfettamente compatibili con l’economia circolare.

In questo articolo, dopo una descrizione del contesto di riferimento, si illustrano le prospettive legate al riciclo dei materiali e alla progettazione dei sistemi.
Si descrivono poi gli approcci che le aziende del settore possono adottare per rendere più efficace il fine vita dei prodotti in materiale composito, e i passi che gli operatori ritengono opportuni per avviare la gestione organica della tematica della circolarità dei materiali compositi, che non può prescindere da un approccio sinergico tra aziende, associazioni ed istituzioni accomunate dall’obiettivo di “chiudere il ciclo”.
Infine viene presentata una sintesi delle normative nazionali ed europee sulla gestione dei rifiuti e sulle possibilità di cessazione della qualifica di rifiuto (End of Waste).

 

Circolarità dei materiali compositi

I materiali compositi – che sono ottenuti combinando tra loro fibre di rinforzo di vario tipo e resine polimeriche – si differenziano dagli altri materiali strutturali per la loro straordinaria combinazione di rigidità, resistenza e leggerezza, che permette di ridurre la massa facilitando le operazioni di trasporto e movimentazione, il montaggio, l’installazione e – nel caso di componenti in movimento come le turbine eoliche o le parti di veicoli – anche la richiesta di energia legata al funzionamento. Tutti questi vantaggi, uniti alla superiore durabilità del materiale nelle condizioni operative più comuni, permettono di concludere che i vantaggi ambientali legati all’uso dei compositi sono indiscutibili:

  • minor consumo energetico e minori emissioni di gas serra;
  • maggiore durata dei componenti anche in assenza di manutenzione;
  • migliori prestazioni;
  • maggiore sicurezza.

Quando un componente in materiale composito arriva al termine della sua fase di utilizzo, è necessario prendere una decisione riguardo al suo smaltimento. L’approccio che oggi domina le strategie economiche europee e mondiali è quello della cosiddetta “economia circolare”, in cui la tradizionale concezione “lineare” basata sul tipico schema estrarre/produrre/usare/smaltire – che dipende dalla disponibilità di grandi quantità di materiali ed energia facilmente reperibili a basso prezzo – viene modificata in un ciclo che si chiude su se stesso (Figura 1); il modello di produzione e consumo si trasforma quindi radicalmente, implicando la condivisione, il prestito, la riparazione, il ricondizionamento, il riuso e il riciclo dei materiali e dei prodotti esistenti in modo da mantenerli all’interno del ciclo il più a lungo possibile.

Economia-Circolare

Figura 1. Schema di flusso dell’economia circolare

Lo schema dell’economia circolare si adatta particolarmente bene ai materiali compositi: per quanto riguarda l’impatto ambientale, infatti, i processi di produzione delle materie prime hanno un impatto predominante in termini di consumo energetico ed emissioni di gas serra (vedi “Eco Impact Calculator for Beginners: Fundamentals and Case Histories” pubblicazione EuCIA, maggio 2021). Un uso più razionale delle materie prime può quindi contribuire, da un lato, a limitare questi fattori e, dall’altro, a dare più continuità e sicurezza alla catena di approvvigionamento delle materie prime.

Per raggiungere questo obiettivo, è stata introdotta una gerarchia nel trattamento del fine vita che, prima di arrivare al riciclo vero e proprio, promuove strategie di riparazione e riutilizzo dei prodotti che ne prolunghino la vita utile, mantenendoli così all’interno della fase di utilizzo.

Da questo punto di vista, i materiali compositi sono particolarmente adatti, in quanto durevoli, resistenti ai danni e alle aggressioni ambientali e facili da riparare. Alcuni esempi di riutilizzo di pale eoliche dismesse sono mostrati in Figura 2.

Pale Eoliche Dismesse

Figura 2. Esempi di sviluppi concettuali per il riutilizzo delle pale eoliche dismesse

In sintesi, è possibile affermare che, poiché la vita utile di un componente in materiale composito è generalmente una frazione relativamente piccola della vita utile del materiale di cui è fatto, questi materiali sono ideali per l’economia circolare in quanto si prestano bene ad essere sia riparati (qualora fosse necessario) che riutilizzati in altre applicazioni strutturali.

 

Riciclo dei materiali compositi

Laddove il reimpiego non sia possibile, le opzioni successive sono il riciclo, il recupero o lo smaltimento.
Riciclare significa che il componente a fine vita (End of Life, EoL) o lo scarto di produzione diventa un nuovo prodotto o materiale con un diverso uso funzionale. Ciò richiede energia e altre risorse per convertire i rifiuti in qualcos’altro.
Recuperare significa trasformare i rifiuti in combustibile o in energia termica dopo aver rimosso tutti i singoli componenti che possono essere riutilizzati.
Lo smaltimento dei rifiuti in discarica o l’incenerimento senza recupero di energia sono infine i metodi di trattamento dei rifiuti meno preferiti perché non c’è recupero di materiale o di energia.

Con i materiali compositi è in linea di principio possibile, in una prospettiva di circolarità, riottenere i precursori originali, che possono essere di origine minerale o da biomassa, senza perdita di prestazioni. Questo approccio può consentire, sempre in linea di principio, di chiudere il ciclo vita del componente producendone un altro per la stessa applicazione. Ciò comporta l’ulteriore vantaggio, intrinseco all’approccio economico dell’economia circolare, di non richiedere l’apporto di nuove materie prime mantenendo invariato l’equilibrio della domanda e dell’offerta. In senso più ampio, una circolarità del materiale con ciclo chiuso al 100% (riciclo “Cradle To Cradle”) è certamente un obiettivo possibile con i materiali compositi, anche se allo stato attuale delle conoscenze rimane da verificare la fattibilità economica e l’impatto ambientale di questi processi di recupero dei precursori.

Ad oggi, la tecnologia principale per il riciclo dei materiali compositi è attraverso i forni per la produzione del cemento (nota anche come co-processing) in cui il rifiuto in parte entra nella composizione del cemento stesso e in parte funge da combustibile contribuendo a ridurre le emissioni di CO2. I materiali compositi possono anche essere riciclati attraverso riciclo meccanico e elettromeccanico (frammentazione a impulsi ad alta tensione) oppure attraverso riciclo con processi termici (pirolisi, letto fluido e depolimerizzazione) o termochimici (solvolisi) come mostrato nel diagramma schematico di Figura 3.

Processi-Riciclo-Materiali-Compositi

Figura 3. I processi di riciclo dei materiali compositi

Queste tecnologie sono disponibili a diversi livelli di maturità tecnologica (Figura 4) e non tutte sono disponibili su scala industriale.

La valutazione dell’implementazione dei diversi processi deve necessariamente considerare:

  • il costo del processo, che può essere molto variabile;
  • la resa qualitativa, che dipende dal tipo di fibra di rinforzo (vetro o carbonio) e dalla matrice che li contiene;
  • il formato e il livello di mantenimento delle proprietà delle fibre rigenerate;
  • l’impatto ambientale del processo.
Tecnologie_Riciclo_Compositi

Figura 4. Costo del processo e TRL per le principali tecnologie di riciclo dei compositi

Per maggiore chiarezza, le tecnologie di riciclo sono state classificate nel seguito in due categorie:

  1. Tecnologie già disponibili su scala industriale (co-processing, riciclo meccanico e pirolisi);
  2. Tecnologie in fase di sviluppo (solvolisi, pirolisi a microonde, depolimerizzazione, frammentazione a impulsi e letto fluido).

Tecnologie di riciclo disponibili su scala industriale

Co-processing_Cementifici

Figura 5. Schema a blocchi del co-processing nei cementifici (fonte: Wind Europe “Accelerating Wind Turbine Blade Circularity” 2020)

Il co-processing nei cementifici (Figura 5) è un processo adatto solamente per il riciclo della cosiddetta “vetroresina” (composito a base di fibre di vetro) mentre è inadatto, ad esempio, per il riciclo di compositi a base di fibre di carbonio. La sua applicabilità a compositi con altre fibre di rinforzo non è stata ancora sufficientemente esplorata. In questo processo, la materia prima per la produzione del cemento è in parte sostituita dalla porzione di fibre di vetro e riempitivi inorganici che si trovano nei materiali compositi (Figura 6) mentre la componente resina sostituisce i combustibili primari (principalmente pet-coke) attualmente utilizzati nel processo di produzione del clinker.

Composizione_Fibre_Vetro_Cemento

Figura 6. Confronto tra la composizione delle fibre di vetro (identificate secondo ASTM D-578) e quella del cemento.

 

Ciò rende il co-processing altamente efficiente, veloce, scalabile e permette di ridurre di circa il 20% l’impronta di carbonio della produzione del cemento sia grazie all’impiego di materie prime decarbonizzate (l’ossido di calcio contenuto nelle fibre di vetro anziché il carbonato di calcio minerale) sia grazie all’intima dispersione tra la resina e la carica minerale che aumenta in modo considerevole l’efficienza di combustione e quindi il rendimento energetico del processo. 

Il riciclo per macinazione meccanica controllata (Figura 7) è un processo efficace, di basso costo e a ridotto fabbisogno energetico il quale tuttavia diminuisce drasticamente il valore dei materiali riciclati. Le fibre corte e la matrice macinata (polvere) così ottenuti possono essere utilizzati rispettivamente come rinforzi o riempitivi.

 

Riciclo_Meccanico

Figura 7: Schema a blocchi del riciclo meccanico (fonte: Wind Europe “Accelerating Wind Turbine Blade Circularity” 2020)

Si tratta di un processo efficiente dal punto di vista energetico e flessibile per flussi di materiale e sue tipologie. Si può ottenere anche un parziale recupero delle proprietà fisico-meccaniche dei compositi di partenza: le applicazioni sono già molto numerose e vanno dai prodotti di arredo ai prodotti industriali nelle quali il materiale riciclato può svolgere anche una funzione di rinforzo con benefici in termini di costi e impatto ambientale.

 

 

Processo_Pirolisi

Figura 8: Schema a blocchi del processo di pirolisi (fonte: Wind Europe “Accelerating Wind Turbine Blade Circularity” 2020)

La pirolisi (Figura 8) è un processo di recupero termico che permette di recuperare sia le fibre che i prodotti idrocarburici derivati dalla decomposizione termica della matrice, di solito impiegati per ridurre il consumo energetico del processo. Anche se il valore del riciclato è in questo caso più elevato che nel caso dei processi visti in precedenza, si verifica comunque una perdita di valore rispetto al prodotto originale, soprattutto per le fibre di vetro: la superficie della fibra viene infatti privata dell’appretto utilizzato per promuovere l’adesione con la matrice e in molti casi si danneggia per esposizione alle alte temperature, con conseguente diminuzione della resistenza.
La pirolisi richiede anche investimenti maggiori e costi di gestione più elevati. Ad oggi, questa tecnologia di recupero è economicamente sostenibile solo per le fibre di carbonio ma non è ancora implementata su larga scala a causa dei volumi da riciclare relativamente bassi.

Tecnologie di riciclo in fase di sviluppo

Processo_Solvolisi

Figura 9. Schema a blocchi del processo di solvolisi (fonte: Wind Europe “Accelerating Wind Turbine Blade Circularity” 2020)

La solvolisi (Figura 9) è un trattamento chimico in cui i solventi (acqua, alcool e/o altre sostanze chimiche) sono utilizzati per decomporre la matrice a temperature e pressioni specifiche. Rispetto alla pirolisi, la solvolisi richiede temperature più basse per degradare la resina, il che comporta anche una minore degradazione delle fibre. La solvolisi con acqua subcritica, così come altri tipi di solvolisi avanzate, sembrano essere le tecnologie più promettenti poiché le fibre mantengono gran parte delle loro proprietà meccaniche; è anche possibile recuperare dalla decomposizione della matrice alcune sostanze chimiche in forma liquida che sono riutilizzabili all’interno della formulazione delle medesime resine per compositi. La solvolisi è facilmente scalabile ma gli investimenti, i costi di gestione e l’impatto ambientale possono essere elevati.

Il letto fluido (detto anche gassificazione) è un processo di decomposizione termica simile alla pirolisi che utilizza però un’alimentazione diversa e produce prodotti diversi: la differenza tra i due processi è mostrata schematicamente in Figura 10.

Pirolisi_Letto_Fluido_Combustione_Incenerimento

Figura 10: Differenze tra pirolisi, letto fluido e combustione/incenerimento (adattato da P. T. Williams, Waste Treatment and Disposal, Wiley, 2005)

Processo_Gassificazione

Figura 11: Schema a blocchi del processo a letto fluido (gassificazione) (fonte: Wind Europe “Accelerating Wind Turbine Blade Circularity” 2020)

 

La gassificazione può rendere più difficile rispetto alla solvolisi recuperare componenti chimici da riutilizzare all’interno della matrice polimerica a causa del fatto che la maggior parte di essa viene decomposta in prodotti gassosi, che sono solitamente impiegati per il recupero di energia all’interno del processo stesso.
La gassificazione possiede però la caratteristica unica di essere in grado di trattare anche materiali misti (per esempio laminati in composito con superfici verniciate o anime di schiuma) e quindi potrebbe rivelarsi particolarmente adatta per trattare componenti strutturali anche molto complessi.
Il diagramma a blocchi schematico della gassificazione è mostrato nella Figura 11.  

 

Processo_Frammentazione_Impulsi

Figura 12: Schema a blocchi del processo di frammentazione a impulsi (fonte: Wind Europe “Accelerating Wind Turbine Blade Circularity” 2020)

La frammentazione con impulsi ad alta tensione (Figura 12) è un processo elettromeccanico che separa efficacemente le matrici dalle fibre tramite l’impiego di elettricità invece che di calore.

Benché possano essere richiesti elevati livelli di energia, e quindi i costi dell’impianto e del processo possano essere anche rilevanti, la qualità delle fibre ottenute è molto buona con fibre più lunghe rispetto alla macinazione meccanica che risultano anche decisamente più pulite.

 

 

La depolimerizzazione termochimica (Figura 13) avviene infine tramite trattamento termico in atmosfera di anidride carbonica e permette di recuperare sia le fibre di rinforzo che la resina, quest’ultima impiegabile in miscela con resina vergine, sia poliestere insatura che resina vinilestere o resina epossidica, per la produzione di nuovi compositi. La tecnica può essere applicata anche in presenza di materiali d’anima di diversa natura polimerica (PS, PU, PET, ecc.) di inserti metallici oppure di legno (balsa).

Gli stadi principali del processo sono due:
1) la depolimerizzazione della matrice;
2) la calcinazione del residuo solido.

Nel primo stadio, che avviene con l’utilizzo di anidride carbonica e senza reagenti chimici, il peso molecolare del polimero si riduce producendo vapori che, dopo le fasi di condensazione e purificazione, generano un liquido organico che mostra un’eccellente miscibilità e compatibilità con la resina vergine e polimerizza in miscela con essa; il processo è anche in grado di separare e recuperare l’anidride ftalica (se presente).

Nel secondo stadio vengono invece rimossi i residui organici e recuperate le fibre di rinforzo e le eventuali cariche. Il processo è finalizzato a massimizzare la resa in prodotto liquido organico che può essere riutilizzato nel ciclo produttivo dei compositi termoindurenti e, per tale motivo, risulta economicamente più sostenibile degli altri processi termici.

Depolimerizzazione Termochimica

Figura 13: Schema a blocchi del primo stadio del processo di depolimerizzazione termochimica

 

Fibre da riciclo: i processi di rilavorazione

Indipendentemente dal processo di riciclo, le fibre ottenute hanno una lunghezza relativamente ridotta e sono orientate in modo casuale; esse si presentano come una massa soffice e con bassa densità a causa della sminuzzatura e del conseguente disordine nell’orientazione spaziale indotta dalla manipolazione, lavorazione e triturazione subita durante il processo. Spesso, tali trattamenti privano anche le fibre della loro apprettatura, che è essenziale per sviluppare una buona adesione con la matrice.

Le fibre recuperate possono essere rilavorate con alcune tecniche tradizionali di stampaggio a compressione dei compositi, ad esempio stampaggio a iniezione, SMC o BMC, ma il risultato finale dipenderà dalla capacità di controllare l’orientazione delle fibre che in ultima analisi determina la frazione in volume di fibra nel materiale composito. Anche i tessuti non tessuti di fibre rigenerate, ottenuti con tecniche derivate dall’industria tessile e cartaria come la cardatura, possono essere utilizzati per produrre compositi con queste tecniche. Diversi tipi di veli, mat o stuoie ottenuti da fibre di carbonio rigenerate sono già disponibili sul mercato. Le fibre cardate possono anche, in linea di principio, essere pettinate e filate per ottenere filati; queste tecniche, tuttavia, sono attualmente in fase di sviluppo pre-industriale. Altre tecniche di rigenerazione, volte a ottenere compositi riciclati con un alto livello di allineamento delle fibre, sono attualmente studiate in varie istituzioni accademiche e di ricerca europee e internazionali.

Poiché il potenziale di mantenimento delle caratteristiche originarie delle fibre di carbonio rigenerate è mediamente superiore rispetto a quello delle fibre di vetro, e il valore commerciale del prodotto è decisamente superiore, i processi di riciclo e rigenerazione delle fibre di carbonio hanno un migliore potenziale di sostenibilità economica. Nel caso delle fibre di vetro, invece, la strategia attualmente più impiegata è quella del co-processing nei cementifici o la macinazione meccanica (a volte chiamati anche “downcycling”) che rinuncia a recuperare le fibre per la produzione di nuovi compositi.

 

Circolarità e impatto ambientale

Lo studio dell’impatto ambientale dei prodotti di consumo ha una storia che risale agli anni ‘60 e ‘70 durante i quali, specialmente in un contesto comparativo (“Il prodotto A è migliore del prodotto B?”) si sono generati comprensibilmente lunghi e talvolta feroci dibattiti. La fase iniziale ha avuto però certamente il merito di mettere a fuoco il fatto che per una parte di prodotti l’impatto sull’ambiente non è nella fase d’uso ma nella produzione, trasporto o smaltimento. Questo è certamente vero per la maggior parte delle applicazioni dei compositi, in quanto questi materiali (leggeri, rigidi, resistenti e durevoli) sono meglio di altri in grado di ottimizzare l’impiego delle risorse durante la loro fase d’uso.

Oggi la metodologia LCA (Life Cycle Assessment) è univocamente definita dalle norme ISO della serie 14040 e nel corso degli anni è stata progressivamente incorporata nella politica europea a partire dal regolamento Ecolabel del 1992 fino al Green Deal del 2019 che ha segnato l’evoluzione dai soli obiettivi di protezione dell’ambiente al più ampio concetto di economia circolare. È evidente che i due approcci non possono essere in antitesi tra loro ma si integrano in uno schema armonico in cui il monitoraggio della transizione verso un’economia circolare si basa anche su indicatori che possono essere utilizzati per l’analisi e il monitoraggio della sostenibilità.

A quest’ultimo riguardo, il quadro di monitoraggio dell’UE per l’economia circolare che è stato rilasciato nel 2018 (European Commission “A monitoring framework for the circular economy” COM/2018/29 Final 2018, 29, 1–11) comprende 10 indicatori chiave che coprono non solo tutte le fasi del ciclo di vita del prodotto ma anche i principali aspetti legati alla competitività. Di questi, ben 8 sono tra gli indicatori di monitoraggio della sostenibilità, a dimostrazione che l’implementazione della circolarità e il suo sistema di indicatori ha come uno dei suoi pilastri la riduzione dell’impatto ambientale delle attività umane.

I materiali compositi offrono diverse tecnologie e soluzioni, già affermate o in via di sviluppo, che consentono loro di raggiungere valori elevati degli indici di circolarità. L’Associazione europea dell’industria dei materiali compositi (EuCIA) ha da alcuni anni messo a disposizione, a titolo assolutamente gratuito, uno strumento molto evoluto in grado di effettuare l’analisi LCA dei materiali compositi all’interno del perimetro “dalla culla alla consegna” (cradle to gate). Lo strumento, denominato EcoCalculator, è accessibile direttamente dal sito web di EuCIA ed è inoltre disponibile gratuitamente sul sito Assocompositi una guida all’uso in lingua italiana.

È infine attualmente in fase di sviluppo da parte di EuCIA un nuovo strumento per effettuare l’analisi LCA anche per la fase di smaltimento, riuso e riciclo dei materiali compositi, che sarà presumibilmente disponibile entro il 2023. Come mostrato in Figura 14, infatti, i diversi processi di riciclo sono caratterizzati da una diversa domanda cumulativa di energia (CED) e si collocano diversamente rispetto alla produzione delle fibre di rinforzo vergini (vetro e carbonio).

Domanda_Cumulativa_Energia

Figura 14: Domanda cumulativa di energia dei diversi processi di riciclo a confronto con l’energia richiesta per produrre fibre vergini (adattato da: A.K. Poulsen, Proc. of the “Delivering Circularity through Innovative Materials and Recycling Technologies” Conference, ETIPWind 2021)

 

Progettazione e circolarità

Il quadro discusso fin qui tiene conto delle esigenze di riciclo di quanto viene prodotto secondo le metodologie progettuali e le tecnologie in uso attualmente; tuttavia, l’accresciuta sensibilità generale alle problematiche ambientali e al cambiamento climatico impone e rende urgente una rivisitazione in chiave circolare e sostenibile della progettazione e della produzione dei beni di consumo.

Questo si traduce nella necessità di:

  • fare un uso sempre più ampio di materie prime e fibre con incrementata riciclabilità o riutilizzabilità, in modo da poter riutilizzare pienamente questi precursori in applicazioni il più possibile vicine a quelle originarie;
  • progettare i manufatti e il loro assemblaggio tenendo conto della necessità di una separazione per un trattamento differenziato a fine vita.

Riguardo al primo punto, esempi di soluzioni oggi allo studio comprendono sia resine cleavable che fibre di rinforzo derivate da biomassa, oppure fibre finalizzate alla rifusione a fine vita. Per raggiungere l’obiettivo di cui al secondo punto, invece, è essenziale ottimizzare forme e geometrie dei manufatti in modo da garantire un facile disassemblaggio a fine vita, ad esempio utilizzando adesivi a comportamento reversibile.

Il raggiungimento di questi obiettivi richiede un approccio ampio e multidisciplinare, in cui le varie soluzioni siano confrontate in modo rigoroso ricorrendo anche ad indicatori di valutazione dell’impatto ambientale; questi possono essere ad esempio il Life Cycle Assessment, LCA, o meglio il Life Cycle Sustainability Assessment, LCSA che comprende più ad ampio spettro le variabili rilevanti per la sostenibilità di una certa soluzione.

Anche se una trattazione analitica delle varie soluzioni non rientra negli obiettivi di questo articolo, vengono di seguito brevemente richiamati i principali driver di sviluppo. Una scelta più consapevole delle materie prime, per la quale già diverse soluzioni sono presenti in commercio, fa riferimento a solventi e precursori derivati da biomassa e altre fonti rinnovabili che sono equivalenti in termini chimici o funzionali ai corrispondenti precursori derivati dal petrolio. In alternativa alle biomasse, anche la riciclablità/riparabilità dei prodotti può garantire un miglioramento del livello di sostenibilità. Alcuni esempi sono le resine termoplastiche reattive (ovvero ottenute miscelando due o più precursori liquidi), i vitrimeri (riprocessabili e riparabili a una temperatura che non comporta la loro degradazione chimica), le resine epossidiche “separabili” (cleavable) oppure infine le resine ri-termoformabili per un secondo ciclo di vita del composito.

Con le resine epossidiche cleavable, ad esempio, l’indurente della resina può essere “aperto” a fine vita del prodotto con l’uso di opportune sostanze chimiche, mentre nel caso dei vitrimeri si possono applicare processi di solvolisi avanzata che consentono di recuperare il vitrimero vergine, senza alcuna perdita di prestazione.

Per garantire il mantenimento di specifiche prestazioni (ad esempio la reazione al fuoco) senza interferire con la riciclabilità, spesso vengono sviluppate soluzioni multimateriale in modo che il riciclo del singolo materiale faccia riferimento a tecnologie note mentre la separazione fra i diversi materiali è ottimizzata in funzione della specifica applicazione. Questa strategia viene ad esempio utilizzata per il riciclo dei “battery case” o per la progettazione di recipienti in pressione innovativi per l’idrogeno compresso in cui l’utilizzo di carboni attivi funzionalizzati potrà consentire di ridurre le pressioni riducendo così l’impatto ambientale e i costi.

Una strategia possibile riguarda anche la transizione a compositi a matrice termoplastica in sostituzione di quelli a matrice termoindurente, che in linea di principio potrebbe rendere più agevole il recupero delle fibre e della resina stessa. Questi materiali presentano alcuni vantaggi anche di tipo tecnologico (ad esempio termoformabilità, saldabilità ed elevata tenacità) ma possono richiedere temperature e pressioni di lavorazione più elevate. Quest’ultimo problema può però essere eliminato o quantomeno attenuato utilizzando processi di infusione reattiva che fanno uso di un pre-polimero liquido a bassa viscosità anche a temperatura ambiente; le resine per questo tipo di applicazioni sono ad esempio la PA6 o il PMMA, già presenti in commercio con diverse formulazioni.

 

In conclusione…

Oltre ad avere gli indubbi vantaggi sopra elencati in termini di durabilità ed efficienza dei prodotti nella loro fase d’uso, i materiali compositi dispongono anche di numerose possibilità per una gestione circolare della fase di dismissione (End of Life). La gerarchia promossa dall’Unione Europea per il trattamento del fine vita dei prodotti promuove infatti, prima di arrivare al riciclo vero e proprio, strategie di prevenzione, riparazione e riutilizzo che sono ideali per questi materiali: essi sono infatti riparabili, durevoli e mantengono a lungo le loro proprietà anche in presenza di ambienti aggressivi. Infine, qualora queste strategie non siano giudicate praticabili o convenienti, esistono comunque numerose tecnologie di riciclo.

Al fine di integrare pienamente il riciclo dei materiali compositi nel quadro dell’economia circolare, tuttavia, è assolutamente necessario anche valutare l’impatto ambientale e la sostenibilità dei processi. Emerge pertanto l’esigenza e l’opportunità che il settore si prepari, al fianco degli altri attori della filiera e degli stakeholder istituzionali, ad affrontare con congruo anticipo il tema della circolarità dei materiali compositi con la necessità di una visione multidisciplinare e multisettoriale. Questi temi, infatti, coinvolgono diversi aspetti come l’innovazione nello sviluppo della tecnologia, la creazione di modelli di business, lo sviluppo del quadro normativo e la definizione di nuovi standard.

Affinché i nuovi modelli di business possano essere adottati efficacemente lungo l’intera catena del valore non è sufficiente conseguire determinati livelli di maturità tecnologica e commerciale: l’intero processo deve essere supportato da un impianto normativo che semplifichi e, ove necessario, supporti la gestione virtuosa dei materiali.

Seppure il settore del riciclo dei compositi appaia ancora poco consolidato rispetto a quanto già disponibile per altri materiali, si stanno affacciando sul mercato i primi recyclers di compositi che testimoniano la solidità non solo tecnica ma anche economica delle soluzioni individuate.

Per stimolare il percorso di maturazione dell’approccio tecnico-economico di tipo circolare alla gestione dei compositi possono essere identificati i seguenti ambiti di azione principali:

  • innovazione, sviluppo e sperimentazione delle tecnologie più opportune e promettenti per la riparazione, il riuso e il riciclo;
  • individuazione dei codici rifiuto EER più idonei per classificare i componenti in composito a fine vita (fibre di vetro e di carbonio) in modo da orientare i player industriali all’ottenimento delle specifiche autorizzazioni per il loro recupero;
  • individuazione dei criteri normativi, sia in termini di regolamenti che di eventuali provvedimenti di rango primario, atti a qualificare il processo inerente alla cessazione della qualifica di rifiuto (End of Waste);
  • costituzione di una filiera del trattamento/ridimensionamento, riciclo e soprattutto riuso economicamente sostenibile dei materiali compositi al fine del riconoscimento di eventuali strumenti di sostegno economico per tecnologie e materia prima riciclata, in ottica di “gap filling” rispetto alle materie prime vergini.

Tali iniziative, finalizzate a tutelare gli interessi e le specificità del settore, dovranno essere condotte senza creare alcun ostacolo o vincolo a percorsi normativi già intrapresi e programmi di investimento o processi in corso di sviluppo da parte dei nostri Soci, favorendo la creazione di cluster che possano attivare le economie di scala necessarie per sviluppare concretamente le iniziative delineate in questo documento.